Emidio di Carlo

2016. La storia di Anna Sticco

dal “ritratto” all’”autoritratto”.

 

La storia del “ritratto” è molto ampia e non può essere ignorata, allorché si è chiamati all’intervento critico sull’opera di Anna Sticco, che espone in una sede prestigiosa qual è il Palazzo Bastogi di Firenze.  Tra il XX e il XXI secolo (e in particolare dal 1989 al 2016), l’artista ha percorso, rapidamente una “retta strada”, ascoltando, nella sua maturità culturale, il diffondersi del “canto” teatrale-lirico ed “ammaliata” da una visione scenografica a tutto campo, qualificata dalla presenza della soprano, Maria Callas. Quest’ultima è divenuta artefice e stimolatrice di incontri, dialoghi, rivelazioni e riscoperte sempre più “familiari” e “connaturate al suo animo”.

Dunque due donne appena enunciate. Si tratta di due realtà operative diverse ma accomunate sul piano esistenziale dalla passione per l’arte con la “a” maiuscola; entrambe capaci di spaziare e convergere, con concretezza figurativa, in un mondo idilliaco, apparentemente irreale. Pier Paolo Pasolini ebbe a definire Maria Callas l’“uccellino dalla potente voce d’aquila”; Marcello Venturoli  ha indicato Anna Sticco “pittrice delle donne”, facendo riferimento alla fonte creativa dei “ritratti”; il quadro critico attuale la vuole e esemplifica come “passionaria femminista napoletana”

L’incontro tra Anna Sticco e Maria Callas avvenne in Francia nel settembre 2006, nel Palais Garnier di Parigi. Fu il momento spartiacque tra il passato e il futuro, tra ciò che erano state l’informazione ordinaria sulla cantante e le sue conoscenze storico-artistiche; segnò l’avvio esplosivo di un’”Arte in Progress” che sarà incentrata, principalmente, sul “ritratto” della stessa cantante..

Fin dal 1989, anno della prima mostra personale alla “Siena Art Gallery”, le opere dell’artista erano state esposte nei grandi eventi in Italia (Firenze, Milano, Bologna, Venezia, Roma, Verona, Vicenza, Padova, Palermo, etc.) e all’estero (Parigi, Lisbona, New York, Budapest, Salisburgo, Cannes, etc.). Si contavano oltre cento mostre tra “collettive” e “personali”; in ognuna si evincevano relazioni, scoperte, coscienza del proprio lavoro all’interno di una più vasta e articolata visione storica dell’arte.

 Non v’è dubbio che già nel 2006 l’artista fosse dotata delle conoscenze e della maturità pittorica che diverranno il motore del futuro lavoro. Nell’artista sembrava farsi strada la convinzione che qualsiasi opera d’arte, pittorica o di forma spaziale composita, fosse un “ritratto”; muovesse, cioè, da un’immagine originaria del “vero”, per richiesta religiosa o laicale, al di là dell’implicita trascendenza spirituale. All’uopo, si guardi alla “Madonna del Cardellino”, 1507 ca, Firenze, Uffizi, di Raffaello Sanzio, o  ai “ritratti” delle “Duchesse di Osuna e d’Alba”, della “Contessa di Chinchon” di Madrid di Francisco Goya y Lucente.

Tuttavia, nell’opera di Anna Sticco il “ritratto” rispecchia la vita umana e professionale del personaggio. Difatti, la sua è un’avventura alla “scoperta” del quotidiano vissuto da Maria Callas; non manca, però, un personalissimo fare narrativo, diremmo “narratio” tout court (cfr. opera intitolata “Callas anni 60” del 2012) che ha conseguenti riflessi proprio nel progredire poetico dell’artista. Merita ricordare, a tal riguardo, che le opere originano da un repertorio figurativo preesistente, fotografico o cartaceo; corrono in parallelo in un nuovo catalogo ufficiale, “ridisegnato” e dipinto, con tecnica mista su tavola o su tela, anche con foglia d’oro  (cfr. l’opera “Medea di Pasolini”, del 2008).

Ecco così elucidate le tappe pittoriche di Anna Sticco, scandite attraverso le opere che, già nei titolo, segnalano l’”iter professionale e umano” di Maria Callas: afferente al periodo giovanile è l’opera “La giovane Callas”, (2009); legate alla casa sono “Silhouette” e “Callas con Toy” (entrambe del 2008); attinente alla  famiglia  è l’opera “Callas e Meneghini nel giardino della Casa di Milano”; relative a momenti “riservati” sono, di certo, le opere intitolate “Callas e Onassis sul Christina” (2007), “Callas e Onassis – La festa” (2008), “Maria con Elsa Maxwell” (2011); pertinenti a istanti topici come ai “baci” sono le opere “Callas e Onassis – Il bacio”, (2008); “Callas-Pasolini - Il bacio”, (2013). Si deduce che Anna Sticco parta dal reperto fotografico per realizzare la sua opera pittorica; vedasi, a tal riguardo, le opere “Callas e Onassis al Teatro di Epidauro” (2007); “Callas e Visconti a ‘La Scala’” (2011).

I “ritratti” non seguono gli ordinari accadimenti storici. Vengono eseguiti, uno dopo l’altro, con l’infiammarsi della creatività: “ut pictura poesis”. Il presente si appropria del passato. L’album dei ricordi è davvero ricco; il repertorio operistico si presta agli assunti pittorici; la voce del soprano greco riecheggia nelle immagini; nascono, così, le opere “La traviata” (2007),  “Don Carlos” (2008), “L’araba fenice” (2009), “Turandot” (2010). I “portraits”, ora, non sono rievocazioni di personaggi in costume, ma ricomposta “bellezza” che assegna al colore il tono del canto del soprano. Così si guardi, allora, nell’”Aida” (2012).   

Gaspar Felix Tournachon (al secolo Nadar), nel corso dell’Ottocento, in Francia, tracciò la strada dal disegno (peraltro di verve caricaturista; si ricordino perciò “Le Corsaire-Satan” e “La Silhouette”) alla “fotografia” (peraltro all’albore). Partendo dal “ritratto”, eseguito nel proprio studio, mise in luce il mondo interiore, ovvero l’”animus” del personaggio, ripreso nella vita come nell’arte. Nella serie di fotografie su “Sarah Bernhardt” (1864 ca) l’attrice appare, appena ventenne, ostentando fascino e bellezza. Non da meno è “Rosine Stolz” (1856-58), figlia di portinaio, amante di Baudelaire, che divenne famosa soprano cantando opere di Rossini, Meyerbeer e Doninzetti. In ciò è tutta la magia di Nadar. Da quanto detto un interrogativo si impone: “La fotografia, più che la pittura, nel ‘ritratto’?”. No davvero; solo una nuova tecnica nel linguaggio dell’arte dentro/oltre il reale visivo.

Molti dipinti di Anna Sticco presentano l’immagine a mezzo busto; così accade in  “Callas allo specchio” (2011) e “Callas a Montecarlo” (2011). Ciò accadeva anche nell’impostazione figurativa di Francesco Hayez (cfr. “La principessa Juva Branca”,1851) o la si evinceva in Pelizza da Volpedo (in particolare  cfr. “Il quarto stato” del 1901), in  Kees van Dongen (“La parisienne de Montmartre” del 1903).

Altre opere dei Anna Sticco attengono al solo volto (cfr. ”Medea” del 2011 ).

Si tratta di due aspetti ricorrenti sul ritratto (nella stretta logica femminile), originati da un ipotetico album fotografico da cui ricavare una successiva ordinaria trasformazione pittorica più qualificata. Ben più articolato e complesso è, invece, il linguaggio che si incentra sul/sui “particolari” nonché sulla macro forma umana, entrambi mossi da un fare compositivo strutturale dinamico e dichiaratamente scultoreo.

Due dipinti del 2011 rilevano conoscenze nuove acquisite lungo il cammino: “Particolare di Maria Callas” mostra un riflusso plastico-classicista di antico retaggio; “Particolare di Luchino Visconti” suggerisce quasi un realistico percorso di impronta guttusiana.

Se a Anna Sticco viene naturale fare ritratti, in alcune opere, per esigenza narrativa, scaturiscono vere e proprie sequenze; a tal riguardo, cfr. “Traviata” (2011) “Atelier Biki” e “Atelier Biki1” (2012). In “Callas” (2012), si entra nel virtuale “giocoso” con un disegno neoplastico, astratto-geometrico, alla maniera di Mondrian, con una trascendenza realistico-formale; si  parafrasa, anche, il movimento della “Pop Art”, ormai dilagante in Europa, sulla scia dei “ritratti” grafico-seriali di Andy Warhol, su Marylin Monroe. La “serialità formale”, proposta da Anna Sticco, è, nella sostanza, il multiplo di una “maschera” grande, posta in primo piano, con volti rimpiccoliti e in successione, nella parte alta, scorrevoli in linea orizzontale. Vi si coglie una reminiscenza della tradizione figurativa pittorica e del “disegno” nonché della composizione armonica; quasi un marchio di fabbrica rinascimentale proveniente dalla propria terra. Leonardo pose  in primo piano “La Gioconda”, (“ritratto” di Lisa Gherardini, moglie del mercante Francesco del Giocondo opera del 1503-05, Parigi, Museo del Louvre), ovvero la donna dall’enigmatico sorriso, assegnando al paesaggio la profondità verso l’orizzonte.

Nell’opera di Anna Sticco, “Allo specchio” (2011), si potrebbe anche ipotizzare, osservando il retro e il primo piano di Maria Callas, la pennellata veloce attinta dai macchiaioli, poi divenuta, ancor più, istintiva e gestuale attraverso il movimento informale americano.

Non v’è dubbio che l’opera “Callas e il Mar Egeo”  (2012) sia un “ritratto” a tutto campo,  una sorta di  “compendium” di valori, un dialogo di incontri, uno specifico universo realistico-figurativo, al contempo spirituale e virtuale, di due vitalità umane ed artistiche, scrupolosamente al femminile.

I “ritratti” di Anna Sticco su Maria Callas hanno la particolarità di non avere committenti. Semmai il committente è l’artista medesima. Ne deriva che i “ritratti” sono, in realtà, degli “autoritratti” sui generis in cui si fondono delle specifiche cadenze figurative e formali: da una parte, si staglia Maria Callas “vestita” coni  costumi dei personaggi delle opere cantate (cfr. “Anna Bolena”, 2009);  dall’altra, compare Anna  Sticco, l’artista-committente che astrae, con realismo pittorico, il ridondante fremito dalla propria anima poetica (vedasi i dettagli su “Luchino”, 2011 e “Callas”, 2011).

Si confà bene, allora, a Anna Sticco l’espressione ovidiana, posta nell’“Ars amatoria, 2, 676: “artifices qui facit usus adest” (“È l’esperienza che rende artisti”); Publio Ovidio Nasone di cui nel 2017 ricorre il bimillenario della scomparsa.

Emidio Di Carlo

Critico d’arte

Agosto 2016

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