Federica Gasparrini

Stanze del XX secolo nello sguardo di Anna Sticco

L'asservimento della fisicità del quotidiano è la componente fondamentale della pittura di Anna Sticco, che si materializza, senza rinvii a ombrose intimità psicologiche, nelle immagini e nelle figure che circolano nella nostra esistenza.

La semplicità espressiva diventa il pretesto per inscenare una rappresentazione critica della vita contemporanea, guardata dall'artista con occhio attento e furtivo, quasi voyerismo, che interpreta, in modo nuovo, le suggestioni del realismo, candidamente rinunciatario, di Edward Hopper.

In questi ritagli di vita, i personaggi sono relativamente distaccati, consumano una specie di gaia freddezza, che altro non è se non la visualizzazione dell'intenzione, quasi parodistica, di registrare passivamente la mancanza di contenuti, la sovversione dei valori e l'affermazione dei qualunquismi che oggi ci attanagliano.

La pittura di Anna Sticco, dunque, è tutta esplorazione dell'esteriorità e della felicità dell'esibirsi, delle gioie apparenti e della allegria superficiale, dietro a cui si nasconde, preponderante, il senso della solitudine.

La maggior parte della sua produzione verte, infatti, sulla gioia effimera del sesso, della quale la donna è oggetto e, al tempo stesso, artefice voluttuaria,  protagonista di una esuberanza sensuale e di una carnalità ferina ai limiti del morboso.

Questa accentuazione, compiaciuta e sentita affine ai suoi mezzi artistici che rasentano il gusto provocatorio della ribalderia fumettistica di Crepax, non ha, però, quella nevrotica eleganza, ma una materialità in certo modo più forte e dura, dove il trivial rappresenta una dimensione ineliminabile e sofferta.

La voglia di svagatezza, che si accompagna a una sospensione di alte tensioni intellettuali, è utile per dare una connotazione chiara e inequivocabile al ristagno culturale ed estetico che tiranneggia il nostro tempo. Sollecita l'annullamento delle ambiguità in cui siamo costretti a vivere.