Nicola Nuti

Le verità quotidiane

Una reminiscenza letteraria mi accompagna sempre nei giudizi delle cose d'arte; è una considerazione di William Blake, secondo la quale "Una conoscenza generale è una conoscenza vaga; il sapere consiste di singoli particolari, esattamente come la felicità. Solo chi penetra nel modo più minuzioso nelle maniere, le intenzioni e i caratteri, in tutte le loro diramazioni e sa distinguerli è un uomo saggio e giudizioso, e su questa distinzione è fondata tutta l'arte".

Si tratta di un giudizio prezioso, in special modo di fronte all'odierno agnosticismo ideologico e alla vuota proliferazione teorica che dominano il panorama della critica d'arte. In tale contesto ci sono pittori, coma Anna Sticco, che si distinguono nella tenace fede nell'antica pratica di costruire immagini con il disegno ed il colore, nell'esercitare, insomma, il "mestiere" nell'originario e dignitoso significato del termine.

La produzione di Anna Sticco è dunque un esempio chiaro, e perfino "sintomatico", del procedere formale e stilistico che può caratterizzare una ricerca coerente e sorretta da una giusta proporzione fra volere artistico e forme estetiche fedeli a se stesse, chiamate, si direbbe, a visualizzare tale convinzione.

Per ciò che contiene la sua rappresentazione ("teatrica" per come viene composta la scena, per come si presentano i personaggi-automi che sembrano piombati su un palcoscenico dall'oscurità) la Sticco ha assunto una logica personale, tutta racchiusa nell'utopia di un credo. Il suo non vorrebbe essere uno scenario, ma il mondo, per questo gli "attanti" hanno la fissità e l'estraneità dei manichini: uomini-cose che non sanno o non vogliono comunicare.Questi personaggi ci guardano come immagini speculari della natura umana e la solitudine ne fa parte: entra nell'occhio dell'uomo prima che nel sentimento. Nessuna particolare "storia", e nessun particolare "personaggio", anche se le scelte e l'impianto, nella sua totalità pur estremamente provvisorio, sono la testimonianza di infinite presenze e compresenze di una società comune a molti individui comuni.

"La semplicità - ha detto Brancusi - non è un fine per l'arte, ma si arriva alla semplicità nostro malgrado, avvicinandosi al senso reale delle cose". Mi sembra che sia proprio questo che interessa maggiormente alla Sticco. E proprio in questo senso, è opportuno rilevare che il suo lavoro, lungi dall'allontanarsi dalla realtà, cerca invece di tradurne la natura più interiore, non ridotta alle emergenze ed ai fenomeni, ma conforme alla sua essenza, alle sue verità quotidiane.

Nella pittura di Anna Sticco si legge dunque il tentativo di riconquista che è compiuto giornalmente su dei valori instabili che sono l'oggetto del nostro immaginario, l'habitat in cui si è costretti, la provvisorietà della nostra condizione.